Il tesoro nascosto della Banca d’Italia: ecco quanto valgono davvero le sue immense riserve d’oro

La Banca d’Italia custodisce uno dei patrimoni più preziosi e poco conosciuti del paese: le sue riserve auree rappresentano un pilastro della stabilità economica nazionale e una garanzia di solidità nei confronti dei mercati finanziari globali. Queste riserve, composte prevalentemente da lingotti d’oro e monete, sono detenute in alcuni dei caveau più sicuri d’Europa, tra cui quelli situati sotto il pavimento di Palazzo Koch a Roma, la storica sede centrale dell’istituto.

L’entità del tesoro: cifre e record internazionali

Secondo i dati più aggiornati, il totale delle riserve auree italiane ammonta a circa 2.452 tonnellate, collocando l’Italia al terzo posto mondiale dopo gli Stati Uniti (8.133 tonnellate) e la Germania (3.353 tonnellate). Questo fa del nostro paese una vera potenza aurea globale, nonostante sia solo l’ottava economia mondiale per PIL. Il controvalore dell’oro detenuto dalla Banca d’Italia ha conosciuto una significativa rivalutazione negli ultimi anni, riflettendo forti oscillazioni sui mercati internazionali e l’apprezzamento del metallo.

Nel periodo compreso tra la fine del 2023 e la metà del 2025, il valore delle riserve auree italiane è passato da circa 147 miliardi di euro a 234,96 miliardi di euro: un aumento di oltre 87 miliardi grazie principalmente all’apprezzamento dell’oro. Solo nell’ultimo anno solare, infatti, il prezzo dell’oro è cresciuto del 34,4%. Vale la pena sottolineare che, dal 2001, la Banca d’Italia non ha acquistato nuove quantità di oro; il patrimonio è rimasto stabile, ma il suo valore è salito rapidamente, grazie alle tumultuose dinamiche dei mercati delle riserve auree mondiali.

La composizione e la custodia delle riserve

Il tesoro aureo italiano è composto da due principali tipologie di asset: oro in lingotti e oro monetato, cioè monete d’oro storiche. Dei 2.452 tonnellate totali, circa 4,1 tonnellate sono costituite dal cosiddetto “oro monetato”, pari a 871.713 pezzi. Il resto è sotto forma di lingotti, custoditi principalmente nella sede di Palazzo Koch (dove si trovano circa 1.100 tonnellate tra lingotti e monete).

La restante parte del tesoro aureo italiano è custodita in caveau esterni:

  • 44,9% delle riserve sono conservate in territorio italiano
  • 43,3% negli Stati Uniti
  • 6,1% in Svizzera
  • 5,7% nel Regno Unito

Questa distribuzione internazionale riflette criteri di diversificazione del rischio, sicurezza logistica e collaborazione con le principali istituzioni finanziarie globali.

Origini storiche e impatto economico

La storia delle riserve auree italiane è strettamente legata al boom economico del dopoguerra. Gran parte dell’oro fu accumulata dagli anni ’50 in avanti, convertendo gli avvi surplus commerciali in lingotti grazie a una lungimirante politica della Banca d’Italia. Fino al conferimento di 141 tonnellate alla BCE nel 1999, la quantità era ancora maggiore, ma l’Italia ha sempre mantenuto una quota fra le più rilevanti a livello mondiale.

Dal punto di vista economico, il peso delle riserve auree costituisce quasi il 10% del PIL nazionale. Si tratta di una proporzione che le altre economie avanzate raramente raggiungono. Questo tesoro, tuttavia, è ben più di una mera ricchezza accantonata: rappresenta uno strumento di garanzia per la stabilità della moneta, la fiducia dei mercati internazionali e la capacità dello Stato di far fronte a emergenze finanziarie.

Un aspetto interessante riguarda la plusvalenza potenziale: negli ultimi sette mesi soltanto, l’Italia avrebbe potuto incassare circa 35 miliardi di euro in più se avesse liquidato l’oro ai prezzi correnti, una cifra superiore all’intero gettito annuo dell’IMU del 2023.

Dibattito sull’utilizzo e significato delle riserve

Nel contesto attuale, le riserve auree italiane sono oggetto di dibattito tra sostenitori della loro conservazione e chi ne auspica un utilizzo strategico. Le posizioni in Parlamento e nei media oscillano tra chi ne sottolinea il valore simbolico e finanziario, e chi suggerisce la possibilità di convertire parte dell’oro in risorse da investire nell’economia reale, specialmente in momenti di crisi internazionale o pressione sul debito pubblico.

Prospettive di impiego

  • Presidio di credibilità per la moneta e per il sistema bancario nazionale.
  • Riserva strategica contro shock finanziari o geopolitici che potrebbero colpire i mercati.
  • Tesoretto potenziale da liquidare in situazione estrema, per finanziare interventi pubblici o ridurre il debito.

Nonostante queste discussioni, la linea prevalente della Banca d’Italia è la tutela e la conservazione delle riserve, le quali non vengono usate per operazioni speculative o per il finanziamento diretto della spesa pubblica. Dal 2001, infatti, il patrimonio aureo italiano è rimasto sostanzialmente invariato.

In sintesi, le riserve d’oro della Banca d’Italia costituiscono una delle ricchezze più imponenti e strategiche del paese: il loro valore, aggiornato alle quotazioni attuali, supera i 230 miliardi di euro e garantisce all’Italia un ruolo di primo piano fra le potenze economiche e finanziarie internazionali.

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