Le ferite che non si rimarginano o che risultano infette rappresentano un problema significativo sia dal punto di vista sanitario che della qualità della vita delle persone coinvolte. Quando una lesione cutanea persiste nel tempo, oltre il normale processo di guarigione, si parla di ferita difficile o cronica. Questo tipo di lesioni richiede attenzioni particolari, un piano terapeutico personalizzato e spesso l’impiego di metodi e soluzioni disinfettanti utilizzate comunemente anche in ambito ospedaliero.
Perché alcune ferite non guariscono?
La guarigione di una ferita segue un processo fisiologico suddiviso in fasi: emostasi, infiammazione, proliferazione e rimodellamento. Tuttavia, vari fattori possono interferire con questi meccanismi. Tra le cause principali di ritardo nella cicatrizzazione troviamo:
- Infezioni batteriche: la presenza di microrganismi patogeni può impedire la rigenerazione dei tessuti causando infiammazione cronica.
- Patologie vascolari: problemi di circolazione arteriosa o venosa riducono l’apporto di ossigeno e nutrienti essenziali per la riparazione tessutale.
- Malattie croniche come il diabete: la glicemia non controllata compromette la risposta immunitaria e la vascolarizzazione locale.
- Fattori locali: presenza di corpi estranei, tessuto necrotico, continuo traumatismo o sfregamento dell’area lesa.
- Età, immunodepressione e cattiva alimentazione: condizioni che rallentano il naturale processo di guarigione.
In presenza di questi fattori, la ferita può trasformarsi in un ambiente favorevole per la proliferazione batterica e la formazione di un biofilm, una struttura protettiva formata dai batteri che li rende più resistenti ai trattamenti.
La gestione ospedaliera: disinfezione e wound care
Per le ferite infette o che non si rimarginano, il percorso terapeutico prevede una valutazione clinica approfondita, nota come wound care. Si tratta di una disciplina che integra la cura locale della lesione con il trattamento delle eventuali patologie sottostanti che possono ostacolare il processo di guarigione. Nei reparti di chirurgia e dermatologia, così come negli ambulatori specializzati, viene messa in atto una strategia che parte dalla detersione e disinfezione fino ad arrivare a medicazioni avanzate e metodiche rigenerative per casi selezionati.
Il primo passo è sempre la corretta pulizia della ferita con soluzione fisiologica sterile o acqua sterile per rimuovere detriti, sangue e materiale necrotico. La fase successiva è la disinfezione, cruciale per limitare la carica microbica e prevenire infezioni secondarie.
Soluzioni disinfettanti: cosa usano davvero gli ospedali
Le strutture ospedaliere utilizzano una vasta gamma di disinfettanti selezionati in base al tipo di ferita e alle condizioni del paziente. Tra i prodotti maggiormente impiegati troviamo:
- Iodio povidone (esempio noto: Betadine): attivo contro batteri, virus e funghi, agisce mediante la liberazione graduale di iodio, che mantiene l’effetto battericida prolungato nel tempo. È uno dei prodotti preferiti per la disinfezione delle ferite superficiali grazie all’ampio spettro d’azione e alla versatilità (applicabile in spray, gel o soluzione). Tuttavia, nei casi di ferite estese, profonde o in presenza di pazienti allergici allo iodio, il suo uso viene limitato o evitato poiché può essere citotossico se utilizzato a lungo termine.
- Clorexidina 0,05%: in soluzione acquosa, molto efficace soprattutto contro i batteri Gram positivi e negativi. Usata con cautela in caso di soggetti predisposti ad allergie o dermatiti da contatto, rimane una delle soluzioni preferite quando si cerca un antisettico meno aggressivo rispetto allo iodio.
- Soluzioni a base di poliesanide (PHMB) e tensioattivi: vengono impiegate nella detersione delle ferite complesse, per rimuovere il biofilm e ostacolare le infezioni ricorrenti. Questi prodotti sono particolarmente efficaci nell’eliminazione di batteri resistenti, con il vantaggio che non sono state documentate resistenze significative a queste molecole finora.
- Perossido di idrogeno (acqua ossigenata): utilizzato soprattutto su ferite molto sporche di origine traumatica, non è impiegato per la disinfezione a lungo termine poiché può danneggiare i tessuti sani. La sua azione effervescente favorisce la rimozione meccanica di detriti e corpi estranei.
- Clorossidante elettrolitico (come Amuchina): attivo verso diversi microrganismi, trova indicazione preferenziale nella disinfezione di ferite in cui è necessario un rapido abbattimento della carica microbica ma può essere inattivato dalla presenza di materiale organico.
- Nitrato d’argento e derivati metallorganici: spesso inseriti in creme o medicazioni avanzate, sono indicati per il controllo del carico batterico soprattutto nelle ferite croniche infette o a rischio di infezione persistente.
La scelta dell’antisettico viene sempre calibrata tenendo conto del tipo di ferita, delle condizioni generali del paziente, delle allergie documentate e dell’eventuale presenza di resistenze batteriche o biofilm.
Medicazioni avanzate e strategie innovative
Quando la semplice disinfezione non basta, nei contesti ospedalieri si ricorre a medicazioni avanzate che offrono sia una barriera meccanica sia un’azione coadiuvante nella guarigione. Queste medicazioni possono contenere idrofibre, schiume di poliuretano, alginati di calcio o additivi antisettici come ioni d’argento o iodio a rilascio controllato. Un altro approccio diffuso è la terapia della pressione negativa (VAC), riservata ai casi di ferite profonde con abbondante essudato: il sistema crea una pressione sub-atmosferica sulla ferita favorendo la rimozione dei liquidi e la stimolazione delle cellule riparatrici.
Negli ultimi anni, l’utilizzo di tecnologie rigenerative ha portato risultati incoraggianti. Il plasma ricco di piastrine (PRP) e i gel piastrinici impiegano componenti del sangue del paziente stesso per accelerare la rigenerazione dei tessuti danneggiati, riducendo il rischio di infezioni persistenti e favorendo una cicatrizzazione più rapida.
Come disinfettare correttamente a casa
I principali passaggi nella gestione domiciliare di una ferita, che ricalcano le pratiche ospedaliere, sono:
- Lavaggio accurato delle mani con sapone prima e dopo ogni medicazione.
- Pulizia delicata della lesione con acqua sterile, eliminando eventuali corpi estranei.
- Asciugatura della ferita tamponando con garza sterile senza sfregare.
- Applicazione del disinfettante selezionato secondo indicazione medica (ad esempio Betadine per le ferite superficiali).
- Ricopertura della lesione con garza sterile se necessario, cambiando la medicazione almeno una o due volte al giorno.
È fondamentale evitare rimedi casalinghi non scientificamente validati come alcool puro, talco o prodotti non specifici. In caso di mancata guarigione entro 7-10 giorni, peggioramento dei sintomi, aumento dell’arrossamento, della secrezione o insorgenza di febbre, occorre rivolgersi prontamente al proprio medico di fiducia o a un centro specializzato in wound care.
La cura delle ferite difficili si basa su un insieme di pratiche che vanno dalla valutazione clinica alla scelta della soluzione disinfettante più efficace, integrando conoscenze scientifiche e tecnologie all’avanguardia. Per questo motivo, seguire i protocolli utilizzati negli ospedali, adattati allo specifico caso dell’individuo, rappresenta la strategia vincente per recuperare la salute e prevenire complicazioni che possono, in casi estremi, diventare anche invalidanti.